La musica popolare trentina

download-2Qualche giorno fa, in casa e in buona parte della zona dove abito, è mancata la luce. Improvvisamente ci siamo ritrovati tra pareti blu oltremare. La notte che stava iniziando sembrava entrare dai vetri delle finestre; con lei il freddo di febbraio, silenzioso. Ti accorgi, quando mancano, che le luci sembrano parlare e farti compagnia. Seduta dov’ero, ho pensato a chi è vissuto anni e anni prima di noi. Le sere per loro erano sempre così, una dopo l’altra. Uomini e donne esorcizzavano il peso del buio accendendo fuochi, raccontandosi storie, cantando.

Come molte tradizioni musicali popolari, anche quelle del Trentino Alto Adige sono nate intorno ai filò. Nell’Ottocento, si trattava di canzoni per una voce, tramandate di padre in figlio, per poi trasformarsi, nel Novecento, in canzoni corali. Questa regione di montagna è uno dei luoghi d’Italia in cui la musica corale ha avuto più fortuna, tanto da rimanere anche oggi una tradizione custodita con cura. Continua a leggere

Leggende e dolci: L’Emilia in un boccone

dolci-dolce-di-mieleDistesa così, da Piacenza fino al mare, l’Emilia Romagna è come una bella donna sorridente e appagata, che ha tutto per essere felice.

Ricca di frutti e piaceri, celebra la vita anche nei momenti più ordinari dell’anno e per lei le feste non sono altro che un giorno normale elevato a potenza, un gradino in più di grazia e delizia rispetto al consueto.

A dicembre, l’Emilia non nota la luce che cala, ma si inonda di fuochi. Da tempi antichissimi, qui, la sera della Vigilia di Natale il capofamiglia prende un grande ceppo di quercia e lo accende nel camino accompagnandosi con un Padre Nostro. Illuminati dalla fiamma che si apre nel buio, dopo la cena di magro, tutti i familiari aspettano insieme la messa di mezzanotte. Si scaldano scambiandosi racconti, cantando e giocando, oppure fanno, come una volta, l’arimblén, una pesca oracolare che dà indizi sull’anno nuovo.

Allo scoccare di mezzanotte, gli emiliani che rispettano le tradizioni escono in strada, ma senza chiudere completamente la porta. L’uso vuole che, oltre l’uscio, si lascino tre sedie libere vicino al fuoco, un omaggio simbolico a Gesù, Giuseppe e Maria per il loro andare miracoloso nel freddo della notte, un invito al ristoro e al calore. Continua a leggere

Trieste: “La città che in ogni parte è viva”

triesteSe ancora non siete mai stati a Trieste, aspettate la sera per arrivarci. Dai finestrini della macchina la natura friulana cambierà faccia: la terra morbida lascerà spazio a una roccia secca, bianca, leggera; gli alberi si abbasseranno, diventeranno arbusti aspri; il paesaggio comincerà a sollevarsi, ad aprirsi, a distendersi. A inerpicarsi addosso a pareti di edifici. A svelare, poco a poco, la distesa regale del mare.

Dopo aver parcheggiato, camminerete tra ali di palazzi imponenti e regolari, in vie larghe, e vi troverete di fronte a uno degli spettacoli più belli d’Italia. Di sera, Piazza Unità d’Italia si illumina d’oro di fronte all’acqua. Il municipio prende vita come una piccola Versailles ed è probabile che voi restiate lì fermi, a metà tra le luci dei palazzi, il cielo nero, il Molo Audace che si allunga sull’acqua e il mare piatto puntinato di luci, fondo e ampio, non sapendo cosa fare. Tra un lampione e l’altro, vi sentirete dei re malinconici e gai, così come si sente ogni triestino, e per questo nasce con una sicurezza scanzonata e sorniona. Non c’è persona di Trieste che non guardi con uno stupore misto a compatimento gli sforzi e le fatiche del Friuli centrale, così vicino e lontano. All’etica della resistenza e del risparmio sofferto, il triestino sa che può preferire la grazia delle circostanze, la gioia dell’iniziativa, la capacità di interpretare il tempo e di muoversi con agilità alata. Perché preoccuparti quando sei certo che il mare ti porterà tutto quello di cui hai bisogno e la bora schianterà qualsiasi certezza? Trieste, ‘la mia città che in ogni parte è viva,’ come scriveva Saba, trema tutta di vita. Ecco perché i triestini sono così, fatti di sole, mare, libri, arte, musica e piaceri. Perfino nelle negazioni mettono gioia: tanto che per dirti di no ti rispondono ‘volentieri’ (circostanza che ha provocato non poche incomprensioni…). Continua a leggere

E’ Udine la bella e combattiva guerriera friulana

shutterstock_1116024293Nordica, forte, elegante. Udine si mostra così, con la sicurezza del friulano che non fa mai troppe richieste e la bellezza regale che le ha lasciato lo strascico della storia. Fin dall’antichità è stata amata per la sua posizione centrale e dominante e per la vivacità dei commerci, ed è diventata a poco a poco la città preferita dai Patriarchi di Aquileia, prima che Venezia si imponesse e favorisse l’ascesa dei Savorgnan, nobili friulani amici della Serenissima. È così che è nato lo stemma di Udine: ancora oggi la città è rappresentata da uno scudo bianco e nero con una corona ducale e un cavallo che si erge sulle zampe posteriori, insofferente, come a volersi liberare anche della gabbia del metallo prezioso. Sotto, foglie frondose incrociate di alloro e quercia.

Si respira poca pace a Udine. O meglio, si respira la pace di chi sa fare bene la guerra. Continua a leggere

Nella fucina di talenti del liceo Leo-Major

download-151.700 e rotti abitanti. Una superficie di 38 km quadrati. Così, sulla carta, pochi per poter pensare di diventare uno dei poli culturali italiani più in vista, meta ogni anno di scrittori celebrati in tutto il mondo. Ma Pordenone si è sempre infischiata dei limiti – anzi: ha utilizzato i propri come spinta propulsiva per lavorare di creatività, inventiva e ambizione.
Sarà una piccola città di una piccola regione, ma è sempre stata un’eccezione: abitata da persone volitive e curiose, rappresenta un unicum rispetto alla proverbiale chiusura del friulano tipo. Sono stati proprio il suo essere provincia nuova, il suo desiderio di emergere, il suo dinamismo, il suo eclettismo a portarla, a partire dai primi anni Duemila, a inventare per la fine dell’estate una manifestazione di successo come Pordenonelegge, imitata da moltissime città italiane. È spontaneo chiedersi da dove parta tutto ciò.
Il liceo Leopardi-Majorana è stato certamente uno degli incubatori della manifestazione, ed è anch’esso un’eccezione positiva. Continua a leggere

“Ho provato a morire e non ci sono riuscito”: la vita indimenticabile di Alessandro Valenti

2_DSC9651Torna a quei giorni. A quando uscivi di casa con i capelli bagnati e ti mangiavi le strade. A quando fumavi o facevi finta di farlo. A quando aspiravi distesa dalle labbra di qualcuno. A quando aspettavi una telefonata. A quando sbagliavi le parole e non dormivi per l’eccitazione. A quando per essere felice bastava comprare un biglietto del treno. A quando notavi tutti i colori dei suoi occhi. A quando non c’era mai un posto buono dove stare.

Torna lì, a quando la vita era indimenticabile.

E se non te lo ricordi più, chiedi ad Alessandro come si fa.

Ragazzo indimenticabile, al di là del bene e del male, Alessandro Valenti ha scritto il libro più bello dell’anno. Un romanzo grande, anche se lui ha appena diciassette anni, a partire dal titolo: “Ho provato a morire e non ci sono riuscito”(Atlantide Edizioni). Continua a leggere