Gli Euganei. Non sappiamo nulla di loro, solo che sono stati scacciati dai Veneti guidati da
Antenore il troiano. Possiamo immaginarli mentre si perdono nella bruma fuggendo verso le
valli alpine, con le famiglie e gli animali, la polvere, e forse dei semi tra i capelli incolti, le foglie
dei castagni, il biancospino e il pruno, la ginestra e l’orniello della terra che avevano mangiato
e dei corsi d’acqua che avevano bevuto. Finché, mescolandosi con Etruschi e Reti, non si sono
praticamente dissolti.
Li immaginiamo a metà tra cielo e suolo. Le fronti luminose dell’alba che si guarda da un
monte, uno dei più alti dei cento, quando lo spazio si apre. Gli occhi impenetrabili dei
ventiduemila ettari di boscaglia. Pupille di basalto e trachite.
Per le strade gonfie, la vegetazione si agita di fiori e uccelli. Senti il respiro di quelle tribù che
sarebbero svanite anche dai libri di storia se non fosse stato per i rinascimentali che hanno
dato il loro nome ai Colli di Padova.
È sicuramente colpa o merito loro, quel vento che alza i semi senza arrivare in città.
I colori intanto crollano dalle cime alle pendici, l’autunno porta il tramonto tra le stringhe
delle scarpe. I colori zampillano dalle vigne come lava sottomarina. Continua a leggere