“Vinci soccombendo”: la lezione di San Vigilio

Vincere soccombendo. Era questa l’aspirazione di tanti religiosi dei primi secoli dopo Cristo. Abbandonarsi alla forza della religione che sentivano così grande, più grande di tutte, e che si dedicavano a diffondere con passione energica o con pazienza soave. Pazienza se la vita veniva minacciata. Pazienza se veniva persa. Anzi: rincorrevano quasi il pericolo, ansiosi di essere liberi, più grandi, di essere insieme a Dio. Sentivano già la promessa di quell’esistere immenso e infinito, pieno di Chi amavano, che li aspettava oltre gli occhi chiusi.
Vigilio è originario di Roma e studia ad Atene, quando è papa Siricio e Ambrogio è vescovo di Milano ed estende la sua influenza su tutta la parte settentrionale dell’Italia. Continua a leggere

Almerigo Grilz: morire per la verità

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Che cosa si prova a diventare il nome di una strada o delle parole incise su un monumento? È l’eterno dilemma tra Ettore e Achille: vivere per esistere nella propria carne, nella carne dei propri figli e nipoti, e piano piano diventare come “la nostalgia in un paesaggio dipinto”, o vivere come una scheggia, in un’esplosione, e guadagnarsi un pezzo fragoroso di eternità?
Chi lo sa se Almerigo Grilz si era posto questo dilemma anche fuori dai banchi di scuola. O forse ha sempre e solo seguito quello che gli diceva il cuore, e se il cuore è avventuroso e curioso e, per di più, è un cuore triestino, che guizza come un pesce e ride tra le sue scaglie scintillanti, è naturale trovarsi in giro per il mondo a volerne raccontare gli angoli, i colori e le espressioni.

Dopo diverse estati in autostop per l’Europa, a imparare le lingue e le diverse facce dell’uomo, Almerigo, “Ruga” per gli amici, comincia la sua carriera di fotoreporter documentando cortei politici, con macchina fotografica e cinepresa. Aggiunge il disegno a mano libera, quando non vuole farsi scappare qualche dettaglio, ed è tanto bravo che gli capita di disegnare anche fumetti, volantini e manifesti. A ventiquattro anni, mentre è capo del Fronte della Gioventù di Trieste e vicesegretario nazionale, oltre che consigliere comunale, si iscrive all’albo dei giornalisti come pubblicista. Fa l’inviato: va in luoghi lontani a riprendere le immagini che nessuno vedrebbe mai. Guerre. Paesaggi. Visi diversi. Dolori diversi. Alla fine degli anni ’70, fonda il ‘Centro Nazionale Audiovisivi’, e, dopo il servizio militare e la laurea, decide di fare del giornalismo la sua unica passione e professione. Continua a leggere

Ospedale S. Francesco, città della Salute

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Tutto incominciò con la carità dei piccoli ospitali. Strutture minime, sparse un po’ in tutto il territorio di Padova, dentro e fuori dalle Mura della città, gestite da religiosi e religiose. Dentro ci potevano stare una ventina di letti ed erano aperti a malati ma anche a bisognosi di ogni tipo: poveri, anziani, solitari, viandanti. Le strutture avevano pochi mezzi, se non la vicinanza di Dio.

La medicina umana e divina dei piccoli ospitali diffusi subì un arresto nel 1509, con il grande ‘guasto’ imposto da Venezia. Mentre la Lega di Cambrai si era coalizzata contro la Serenissima per minare il suo potere, il 17 luglio Venezia aveva riconquistato Padova e intendeva rendere sicuro il suo possesso dagli attacchi nemici. Si rinforzarono le mura, si creò un profondo fossato interno dotato di trappole. E soprattutto, si cominciò a realizzare il ‘guasto’. A partire da un miglio di distanza dalla città, venne spianato tutto quello che sorgeva sopra il livello della terra e potesse costituire un riparo per i nemici: alberi, costruzioni, chiese, monasteri. Durante i quattro anni della preparazione del ‘guasto’, anche tutti gli ospitali esterni alle mura di Padova vennero abbattuti. Continua a leggere

Armocromia, analisi del colore e bellezza: intervista a Rossella Migliaccio

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Dimenticate l’impero del nero, che ha dettato legge per decenni. Dimenticate i vestiti-divisa, tutti uguali. Smettetela di obbedire alle mode. Costruitevi la vostra.

L’età che stiamo vivendo è il rinascimento del colore, una riscoperta della forza insita in ciascuno e un ritorno agli entusiasmi cromatici che hanno da sempre contraddistinto le nostre tradizioni. E lo è anche grazie a lei, Rossella Migliaccio, consulente d’immagine che ha portato in Italia l’armocromia, scienza del colore applicata all’estetica. Continua a leggere

Cibo e tradizioni nel Natale Veneto – per il numero di dicembre di CulturaIdentità

Ama il Natale, il Veneto. Per tradizione. Forse perché era il momento di riposo
dal lavoro nei campi, la tregua dal caldo che bruciava durante i raccolti o nelle
piazze, la schiena che finalmente si rialzava dall’impegno della semina, dalla cura
delle piante, dalle uscite in laguna o dalle casse di merci. L’inverno era la casa, la
famiglia, il lavoro a maglia, le fumate di pipa e i racconti attorno al fuoco, le sere
più lunghe sotto le coperte – tanto che, come raccontano diversi vecchi, la
maggior parte dei bambini veniva concepita proprio in questo periodo. Era
anche il sacrificio di tante bestie allevate nei mesi precedenti, pescate nei corsi
d’acqua, barattate o acquistate: a dicembre i prodotti della terra e del mare
circolavano finché ogni famiglia non aveva il necessario per preparare il proprio
pranzo di Natale e offrire ai propri parenti piatti curati a lungo, benaugurali e
prelibati. Continua a leggere

I Colli Euganei. Storia, arte e ispirazione – per il numero di novembre di CulturaIdentità

Gli Euganei. Non sappiamo nulla di loro, solo che sono stati scacciati dai Veneti guidati da
Antenore il troiano. Possiamo immaginarli mentre si perdono nella bruma fuggendo verso le
valli alpine, con le famiglie e gli animali, la polvere, e forse dei semi tra i capelli incolti, le foglie
dei castagni, il biancospino e il pruno, la ginestra e l’orniello della terra che avevano mangiato
e dei corsi d’acqua che avevano bevuto. Finché, mescolandosi con Etruschi e Reti, non si sono
praticamente dissolti.
Li immaginiamo a metà tra cielo e suolo. Le fronti luminose dell’alba che si guarda da un
monte, uno dei più alti dei cento, quando lo spazio si apre. Gli occhi impenetrabili dei
ventiduemila ettari di boscaglia. Pupille di basalto e trachite.
Per le strade gonfie, la vegetazione si agita di fiori e uccelli. Senti il respiro di quelle tribù che
sarebbero svanite anche dai libri di storia se non fosse stato per i rinascimentali che hanno
dato il loro nome ai Colli di Padova.
È sicuramente colpa o merito loro, quel vento che alza i semi senza arrivare in città.
I colori intanto crollano dalle cime alle pendici, l’autunno porta il tramonto tra le stringhe
delle scarpe. I colori zampillano dalle vigne come lava sottomarina. Continua a leggere