Lame, corde, teschi e sangue: Saturno Buttò – pubblicato su IlGiornaleOFF

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Intrecci di corpi nudi, muscoli che si tendono fino allo spasmo, ombre (tante) e luci (intime, basse, rossastre) insieme a lame, corde, teschi e sangue. Forme mitologiche che si amalgamano a suggestioni religiose, esoteriche o infernali. La bellezza dei quadri di Saturno Buttò è cruda e carnale come quella delle “sue” donne. Hanno la veridicità e il nitore della fotografia e il gusto barocco del dettaglio. Più ci si allontana dalla tela, più i personaggi prendono vita. Più ci si avvicina, più si scoprono particolari dall’accuratezza inquietante. Un eros che scende in profondità abissali, fino a perdersi nell’ombra e a camminare verso la morte. ‘La morte di Re Tsongor’, si chiama così la personale dell’artista veneto, inaugurata durante la XII edizione dell’Etnofilmfest e aperta fino al 16 giugno, a Villa Pisani di Monselice.

 

Cosa sono per te bellezza, potere, amore e sofferenza?

La bellezza fisica in un certo senso è potere. E comunque io la riconosco nella semplicità compositiva, nella simmetria. L’amore e la sofferenza sono l’essenza stessa di una vita, tutto ruota intorno a questi sentimenti nel bene e nel male. Ci sono infinite sfaccettature ed è per questo che, rapportandomi al ritratto come soggetto comune in tutte le mie opere, non ho ancora esaurito le risorse creative. Continuo a trovare nuovi stimoli e nuove combinazioni estetiche proprio guardando l’umanità attraverso l’amore, la bellezza e la sofferenza.

 

Da dove nasce questa tua poetica erotica-noir?

Non so se sia una vocazione innata avere uno stile personale, oppure la conseguenza di una ricerca di originalità. Di fatto, già nel periodo degli studi al Liceo Artistico cercavo “situazioni inedite” da mettere in scena. La mia filosofia era (e rimane) quella di “costruirmi le cose da vedere e ascoltare e vivere”, piuttosto che accettare un prodotto già sdoganato. Mi sono sempre interessato alla contro-cultura, a tutto quello che era “underground”.

 

Che cosa ti piace di più, artisticamente, del corpo femminile?

La grazia e la delicatezza che riscontro nell’incarnato bianco pallido, che associo a quello di certe sculture greche e barocche.

 

Che cosa cerchi nelle persone che dipingi?

Senz’altro una certa veridicità. Voglio che il dipinto racconti qualcosa di autentico, pertanto non idealizzo, ma ricerco l’identità più vera nel modello. Il quadro è il risultato di una combinazione tra il soggetto in posa e la mia personalità. Naturalmente solo con un “buon feeling” l’opera può completarsi.

 

Per chi dipingi?

Dipingo per me stesso e un fine catartico non posso escluderlo. Non ho mai pensato a un quadro come a un prodotto commerciale rivolto a un pubblico.

 

Saturno è il pianeta del sacrificio, della difficoltà, della privazione. Della logica contro l’istinto e il sentimento. Quanto e in che modo entrano questi temi nella tua arte?

Premetto che “Saturno” è proprio il mio nome di battesimo. E mi riconosco nel significato della frase nomen omen (il nome è un presagio). Ci sono davvero molte affinità tra la mia personalità e ricerca artistica e il Saturno mitologico-alchemico. Tuttavia provo una certa inquietudine nel sondare questi aspetti.

 

Leggi l’intervista su IlGiornaleOFF.

 

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